Muoversi 2 2023
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RASSEGNA STAMPA

Presentiamo una rassegna stampa sull’attualità delle ultime settimane.

4 febbraio 2023, Vanessa Ricciardi

Il ritorno delle raffinerie italiane grazie a Putin

Il presidente dell’Unione energie per la mobilità, Claudio Spinaci, assicura che l’embargo ai prodotti russi non causerà un aumento dei prezzi dei carburanti. «L’Italia da questo punto di vista è il paese meno esposto, e già da luglio 2022 ha praticamente ridotto a zero gli arrivi dalla Russia. Questo perché abbiamo un’industria dalla raffinazione in grado di soddisfare ampiamente la domanda interna e minimizzare gli impatti sui prezzi». Non è un caso, specifica, se abbiamo i prezzi industriali (al netto delle tasse) tra i più bassi d’Europa (sulla benzina siamo al 19° posto, sul gasolio al 23°). Una posizione avvantaggiata rispetto al resto dell’Europa, per cui le compagnie petrolifere tornano a ragionare sul «lungo termine», immaginando una lunga vita per il petrolio proprio nel momento in cui l’invasione dell’Ucraina sembra avere messo in crisi tutto.

Mentre l’incertezza legata all’Ucraina continua, da un punto di vista reputazionale le raffinerie riguadagnano terreno. Gli asset, che sembravano ormai avviati alla chiusura o alla conversione in tutta Europa, hanno ricominciato a essere attraenti per il mercato, e non solo in un’ottica geopolitica, visto che sono piccoli presidi internazionali nei paesi in cui operano. Come il mercato, anche il governo Meloni ha ricominciato a vedere come strategici questi impianti. Una situazione che Spinaci testimonia in prima persona per la categoria: «Abbiamo già avuto modo di confrontarci e devo dire che ho trovato interlocutori attenti e interessati». Quello che conta, conclude, «è salvaguardare l’integrità industriale di un settore strategico».

20 febbraio 2023, Paolo Baroni

Spinaci (Unem) attaca l’Ue sull’auto elettrica “I biocarburanti sono più efficaci e già pronti

Quello che sta succedendo in Europa ha dell’incredibile. Si continua perseverare nell’errore di confondere gli obiettivi con gli strumenti», attacca Claudio Spinaci, presidente di Unem molto critico con lo stop ai motori diesel e benzina deciso dall’Unione europea per il 2035. «È solo una scelta ideologica, che oltre alla filiera dell’auto produrrà un impatto occupazionale molto forte anche sul nostro settore, che tra addetti diretti e indiretti occupa 150 mila persone», spiega. A suo parere, infatti, «decarbonizzare non significa necessariamente elettrificare tutti i trasporti. In questo modo non ci avviciniamo all’obiettivo, ce ne allontaniamo, tra l’altro con impatti economici e sociali devastanti. Sono anni che avvertiamo sui rischi di questa escalation dirigistica che punta a vietare ogni modalità di trasporto che non sia elettrica. Si è cominciato con le auto, ora tocca ai camion e poi sarà la volta di aerei e navi. Mi stupisce il fatto che solo ora qualcuno cominci a rendersene conto. Spero non sia troppo tardi e che il Governo italiano possa opporsi in qualche modo». 

Secondo voi come andrebbe affrontata la questione della decarbonizzazione, che comunque visti i disastri meteo-climatici resta un obiettivo irrinunciabile…

«Che sia irrinunciabile siamo perfettamente d’accordo. Quello che abbiamo sempre contestato è l’approccio dirigistico e unilaterale che ha scelto l’Europa. Eppure, ci sarebbero strade più sicure ed efficaci per arrivare allo stesso risultato, come i carburanti a basso o nullo contenuto di carbonio (LCF). Se l’obiettivo è decarbonizzare i trasporti, allora perché rinunciare a priori a tecnologie in grado di dare un contributo concreto”.

Una richiesta che avanza l’Italia è proprio quella di puntare sulla neutralità tecnologica. Quella dei biocarburanti è una strada praticabile di qui al2035? 

«Certo. Recentemente abbiamo presentato uno studio che dimostra come l’obiettivo si possa raggiungere, in modo più sostenibile economicamente e socialmente, con una più realistica penetrazione del vettore elettrico e una valorizzazione dei Low Carbon Fuels (LCF), di cui fanno parte i biocarburanti, oggi esclusi dai piani europei. Carburanti “neutri” in quanto non aggiungono emissioni in atmosfera perché in fase di impiego emettono quanto assorbito in fase di produzione, che è poi l’obiettivo degli accordi di Parigi che puntano ad “emissioni zero nette”.

Che vantaggi avremmo? 

«Sarebbero significativi ed immediati perché sono prodotti impiegabili nel parco auto in circolazione: prodotti in grado di abbattere fino al 100% le emissioni di CO2 dei trasporti se calcolate sull’intero ciclo di vita. Anzi, in alcuni casi, il saldo diventa addirittura negativo. Oggi in Europa circolano circa 300 milioni di auto di cui il 98,6% sono dotate di un motore a combustione interna e solo l’1,4% sono elettriche pure, concentrate perlopiù in alcuni paesi ad alto reddito del Nord e Centro Europa, e pensare di ribaltare questo rapporto nel giro di poco più di dieci anni è irrealistico».

L’Italia, i governi precedenti, potevano essere più determinati nel difendere l’interesse nazionale, l’occupazione in particolare? 

«Avrebbero dovuto fare di più per cercare di arginare la deriva ideologica della Commissione».

5 marzo 2023, Sara Deganello

Biocarburanti, 9 miliardi d’investimenti appesi alle scelte Ue

Biocarburanti; una delle strade della decarbonizzazione. Eppure la decisione europea di bandire i motori a combustione dal 2035, ora rimandata a data da definirsi, rischia di avere un impatto anche su questo settore dalle ampie prospettive di crescita. Secondo le previsioni dell’International Energy Agency la domanda globale di biocarburanti crescerà del 20% al 2027. Ma l’incertezza non aiuta gli investimenti. Per il presidente di Unem, Claudio Spinaci, «è evidente che tutto ciò rappresenta un freno e non certo uno stimolo per nuovi investimenti e la recente proposta della Commissione europea sul trasporto pesante rappresenta un ulteriore ostacolo. Limitare l’impiego di questi prodotti solo ai settori hard to abate non permetterà di creare le necessarie economie di scala che consentiranno di abbattere i costi e dunque i prezzi. Non si è valutato sino in fondo, o non si è voluto farlo, il fondato rischio di determinare la delocalizzazione della raffinazione europea che avrebbe invece tutte le competenze e le risorse per favorire uno sviluppo ottimale delle diverse tecnologie di produzione dei low carbon fuels (Lcf)».

«L’Europa, così come previsto dal regolamento sulla C02, che solo ora sta facendo emergere dubbi in alcuni Paesi a partire dall’Italia, dovrà definire entro il 2025 un sistema di calcolo delle emissioni climalteranti basato sull’intero ciclo di vita e valutare entro il 2026 i progressi delle singole tecnologie per introdurre eventuali modifiche all’attuale disciplina. Speriamo solo che non sia troppo tardi», condude Spinaci. Idrogeno a parte, mettendo infila esempi di progetti che interessano lo sviluppo dei carburanti rinnovabili, si toccano almeno i 9 miliardi di euro. Per impianti di co-processing e co-feeding, da realizzare nelle raffinerie per carburanti destinati a un utilizzo in miscelazione, sono necessari 2.3 miliardi di euro. Per il biometano avanzato l’obiettivo è arrivare a 6 miliardi di metri cubi. È previsto un progressivo aumento della produzione di bio-Gnl soprattutto per il trasporto pesante e marittimo; servono 45 impianti da 200 mila tonnellate annue con un investimento di oltre 1,5 miliardi. Per quanto riguarda i recycled carbon fuels, carburanti liquidi e gassosi prodotti in particolare da rifiuti non riutilizzabili, ci si aspetta prossimamente una produzione di circa 800 mila tonnellate all’anno grazie a nuovi impianti e a investimenti programmati sempre al 2030 di circa 1,5 miliardi di euro. Altri 1,5 miliardi di euro andranno nella realizzazione di impianti di produzione di bio-Gpl e 2,4 in quelli di Dimetil-Etere rinnovabile (Dme), tramite processamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani destinati a trasporti e riscaldamento.

8 marzo 2023

Che fine ha fatto il caro carburanti?

I prezzi dei carburanti continuano a scendere e non si discostano dalle medie europee. Secondo l’ultimo bollettino del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, questa settimana la benzina è scesa in media di altri 0,4 centesimi rispetto alla precedente e il gasolio di 1,3 centesimi. Al lordo delle imposte, entrambi i carburanti si aggirano attorno agli 1,8 euro al litro, col diesel che è tornato sotto la benzina. Anche nel confronto col resto d’Europa tutto va come deve: fare il pieno in Italia costa mediamente un po’ più della media Ue, ma questo dipende essenzialmente dalla componente tributaria (tradizionalmente più alta) mentre al netto delle tasse siamo sotto di due-tre centesimi. Nulla da segnalare, quindi? In realtà, c’è molto da segnalare: proprio l’assenza di sorprese costituisce una notizia, visto che abbiamo speso settimane, all’inizio dell’anno, a discutere della scelta del governo Meloni di non rinnovare lo sconto sulle accise (decisione fortemente criticata dalle opposizioni) e della polemica assurda sulla speculazione dei benzinai. L’andamento dei prezzi, che si sono tenuti ben lontani dalla soglia psicologica dei due euro se non in qualche distributore isolato, conferma che Palazzo Chigi ha fatto bene a tenere duro e a privilegiare la stabilità dei conti pubblici al populismo fiscale. Ma diventa ancora più evidente quanto sia stato ingenuo l’esecutivo a prestarsi alla guerra contro i gestori degli impianti, introducendo norme (come quelle sull’obbligo di esposizione del prezzo medio regionale) utili solo a scatenare le giuste proteste della categoria.

29 marzo 2023, Nicola Saldutti

L’ideologia da evitare

Ci sono alcune cose sulla transizione ecologica che, ogni tanto, andrebbero prese in considerazione. Prima tra tutte il fatto che la riduzione dell’anidride carbonica nell’aria è una priorità assoluta, naturalmente, ma che non dovrebbe avere nulla di ideologico. II partito del gas, quello del petrolio, quello dell’idrogeno, ora quello dell’e-fuel, non hanno prodotto i risultati attesi. Meglio sarebbe adottare un metodo nel quale la scelta sia il risultato della ricerca, delle opzioni rese possibili dalla tecnologia. Quando è scoppiata la guerra d’invasione della Russia in Ucraina, tutti ci siamo accorti di che cosa volesse dire un’Europa dipendente dal gas di Mosca per il 40%. Avere una fonte di approvvigionamento quasi esclusiva, insieme al petrolio, per il riscaldamento delle case, per l’alimentazione delle centrali e per tutti gli altri usi industriali e civili, si è rivelata una grande fragilità economica e strategica. E siamo corsi ai ripari accelerando sulla diversificazione energetica. Certo, ci è voluto un conflitto e il fatto che il prezzo del gas al metro cubo fosse esploso da 9 dollari a quasi 300 dollari. Un livello insostenibile. Una lezione che andrebbe tenuta presente anche su un altro fronte, quello della mobilità.

La ricerca in Italia è molto avanti e il governo ha insistito con l’Unione europea perché non si adottasse soltanto l’opzione dell’e-fuel fortemente voluta dalla Germania, un carburante sintetico che parte dalla scissione dell’acqua e dalla ricombinazione dell’idrogeno. Come ha sottolineato ieri il ministro Adolfo Urso «solo grazie all’Italia il dialogo è stato riaperto». Qualcosa si è mosso ma, al momento, per le auto questa sarebbe l’unica alternativa al motore elettrico. Qui vale la pena ricordare che i primi veicoli elettrici non sono, come molti immaginano, le Tesla, ma risalgono all’Esposizione Universale di Parigi del 1867. Nella competizione tecnologica e produttiva, però vinse il motore a scoppio. Fu un bene per l’industria e per la mobilità, non per il Pianeta, certo. Ecco, probabilmente la via maestra sarebbe quella di lasciare più spazio alla competizione tra le tecnologie, dal momento che ormai appare evidente a tutti che bisognerà avere come priorità assoluta la riduzione di CO2. L’Europa parla di «tecnologia neutra» ma probabilmente si dovrà lavorare ancora per renderla davvero tale.

29 marzo 2023, Filomena Greco

La filiera schiva il danno estremo dello stop ai motori

L’Europa, è vero, ha aperto all’ipotesi di lasciare sul mercato i motori a combustione anche dopo il 2035. ma le incognite sul piatto restano molte. Per questo al momento l’approccio delle aziende della componentistica auto italiana resta molto cauto. Come sarà “normato” il tema degli e-fuel nell’allegato al Regolamento che dovrebbe arrivare in autunno? E soprattutto, si farà strada l’ipotesi di contingentare le immatricolazioni dei veicoli a motore? «Se l’Europa dovesse decidere ad esempio di limitare ad una percentuale molto bassa le auto alimentate a motore a partire dal 2035 – dice il direttore Gianmarco Giorda – allora per le imprese della filiera che si occupano di componenti per i motori a combustione il problema resterebbe irrisolto perché avremmo di fronte volumi di produzione molto limitati».

31 marzo 2023, Diana Cavalcoli

«Italia, più rinnovabili. Auto, non solo elettrico: spazio ai biocarburanti»

«La scelta europea sull’elettrico è ideologica. Non diciamo no, è l’autostrada per il futuro, ma diamo spazio ai motori endotermici con carburanti adeguati». Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente, è intervenuto in apertura al Business Talk di Res Academy e Corriere della Sera dedicato alla transizione energetica. Il ministro ha sottolineato come l’Italia stia investendo «3,6 miliardi sull’idrogeno da cui derivano gli e-fuel» rimarcando però come la produzione di biocarburanti sia all’avanguardia nel Paese. La sfida è quindi dimostrare all’Europa che esiste un «bilanciamento» possibile sulle emissioni dei biocarburanti oltre all’accelerazione necessaria sulle rinnovabili.